

Mc 9, 2-10 – Lasciare il peccato e vivere in Grazia

- 11.1977
I MALI PROVOCATI DALLA LINGUA NON FRENATA
(Gc 3, 3-11)
S. Francesco nella sua Regola dice: “Ciascuno sempre e
dovunque si guardi dalle parole inutili” (1 Regola cap. VIII).
Commenterò queste parola di S. Francesco alla luce della S.
scrittura. Poiché chi ha parlato della lingua è S. Giacomo, vedremo
i mali provocati dalla lingua non frenata, secondo S. Giacomo.
I mali che enumera sono dodici:
- La lingua non frenata è come un cavallo sfrenato e
una nave senza timone
S. Giacomo fa due paragoni, il primo è quello del cavallo
sfrenato. Dinanzi ai miei occhi tengo un episodio della
fanciullezza quando mio padre e i miei fratelli, avendo comprato
una muletta, cioè una mula che non era stata domata, si diedero da
fare per disciplinarla. Quando fecero la prova per metterla sotto
l’aratro diede una scrollata, gettò per terra mio padre e mio fratello
e incominciò a correre per la campagna. Incontrava alberi, muretti;
l’aratro, che era di legno e non di ferro fortunatamente, si spezzò e
lei sola, con due monconi di aratro, correva per la campagna. Poi
prese la direzione di casa, e arrivata là si fermò. Ricordo che i miei
arrivarono disperati e tutti sudati, con la lingua di fuori. Avevano
avuto paura che andasse sotto una macchina, che si sfracellasse,
che facesse del male a qualcuno. Avevano temuto di perderla, e per
un contadino è un danno come per voi comprare una macchina e
vederla fracassata. È un capitale; con quella si lavora.
La lingua è come un cavallo sfrenato che no vuole essere
domato e arreca tanto male. Dice Giacomo: “Quando mettiamo il
morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere
anche il loro corpo” (Gc 3, 3).
La lingua è come un cavallo, se è domata, obbedisce al pensiero,
mentre se non è domata precede lo stesso pensiero. Noi diciamo: ho
detto una parola a sproposito, non intendevo offendere.
Se al cavallo si mette il morso in bocca, lo si mette per non fargli
fare quello che non deve fare. Se la lingua noi la freniamo, non
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parliamo è perché ci obbedisca, e soprattutto perché attraverso la
parola possiamo dirigere anche tutto il corpo. Non dite nessuna
parola a sproposito e tutta la vostra vita spirituale sarà perfetta. Una
lingua non controllata invece porta danni alle cose e agli uomini, né
sappiamo fino a che punto dureranno questi mali e quali mali potrà
produrre.
Il secondo paragone che porta S. Giacomo è quello della
nave. La nave senza timone non ha una rotta, non sa dove andare, è
in balia di se stessa, è destinata a sfracellarsi; così siamo noi
quando non mettiamo a posto la lingua.
“Ecco anche le navi, benchè siano così grandi e vengano spinte da
venti gagliardi sono guidate da un piccolissimo timone dovunque
vuole chi lo manovra”(Gc 3, 4).
Se viene a mancare il timone la nave non può essere manovrata.
Così è della nostra esistenza. Il timone della nostra vita spirituale è
la lingua; se viene controllata la lingua, tutto il nostro essere è
domato, se la lingua non è controllata, nemmeno il nostro corpo
sarà sotto il nostro controllo.
- La lingua, pur essendo piccola, vanta grandi imprese
“La lingua è un piccolo membro e può vantarsi di grandi
cose”(Gc 3, 5).
La vocazione è frutto di una parola: “Vieni e seguimi”.
L’apostolato è frutto di una parola: “Va’ e annunzia”.
La conversione è frutto di una parola: “Fate penitenza”.
Basta una parola per salvare un’anima, per aprirle grandi
orizzonti; ma basta una parola per sconvolgerla, per rovinarla. La
lingua è un piccolo membro però può vantare grandi imprese…
Che potenza ha la lingua! La mia parola può convertire un’anima,
la mia parola può portare all’inferno un’anima! - La lingua è come una scintilla che appicca il fuoco a
una grande foresta
“Vedete, un piccolo fuoco quale grande foresta può
incendiare! Anche la lingua è un fuoco” (Gc 3, 5.6).
Io che sono stato a Paola ho visto veramente queste cose. Non
sempre gli incendi sono dolosi, tante volte basta accendere una
sigaretta e gettare il fiammifero per terra in un bosco, perché scoppi
un incendio. All’origine degli incendi che distruggono centinaia di
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ettari di foresta c’è sempre un piccolo fuoco, una stupidata non
controllata.
La parola detta da un uomo può provocare un grande incendio; le
conseguenze sono sproporzionate. La parola detta è insignificante,
gli effetti prodotti sono immensi. È un fuoco: brucia, distrugge,
incendia, porta la morte. La S. Scrittura paragona la lingua sempre
al fuoco: “L’uomo perverso produce la sciagura, sulle sue labbra
c’è come un fuoco ardente” (Pr 16, 27).
Gesù dirà: dall’abbondanza del cuore parla la bocca. L’uomo
cattivo produce discorsi cattivi; la parola che esce dalla sua bocca
non è una parola innocua, innocente, è come un fuoco devastatore.
Il fuoco disciplinato riscalda, fa luce; ma il fuoco non disciplinato,
la lingua non frenata, è un fuoco devastatore. È una scintilla
incendiaria che provoca disastri immani!
“Come un pazzo che scaglia tizzoni e frecce di morte, così è
quell’uomo che inganna il suo prossimo e poi dice: Ma è stato uno
scherzo!”(Pr 26, 18-19).Chi può rimediare ai mali provocati da una
lingua cattiva? Noi tante volte ci scusiamo, proprio come dice il
libro dei Proverbi, dicendo: è stato uno scherzo, ma abbiamo
distrutto la carità.
Dice San Beda: “La lingua è un fuoco, perché divora la selva
delle virtù”.
Vi devo dire la verità, anche oggi, a questa età, certi discorsi mi
fanno male. Per neutralizzarli devo pregare per ore intere e tante
volte per giornate intere. Non parlo delle mormorazioni, ma di
quelle insinuazioni, di quel mettere in evidenza certi difetti e
interpretare male certe azioni; producono tanto male, sono come
una scintilla che appicca il fuoco a una grande foresta. È quello che
cercava di dire S. Filippo Neri a una donna che aveva calunniato
una persona.
- Padre, ma io una parola ho detto!
- Figlia mia, chi può più controllare e quindi riparare il male
operato da te con quella frase, con quella tua parola, con quella tua
insinuazione?
La lingua è una scintilla che appicca il fuoco a una grande foresta,
distrugge tutto.
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- È il mondo dell’iniquità (Gc 3, 6)
La lingua è il complesso di ogni iniquità perché è strumento
e causa di ogni sua manifestazione. La lingua è come una forza
iniqua produttrice di infezione e corruzione morale. Tutte le
passioni trovano nella lingua la loro espressione e il loro incentivo.
Tutti e sette i vizi capitali trovano nella lingua lo strumento e la
causa delle loro manifestazioni.
a. La superbia e la vanagloria suggeriscono alla lingua la
propria lode. È il mondo dell’iniquità! Come fate a mettervi in
evidenza, a lodarvi e ad imbrodarvi? Per mezzo della lingua. Se alla
superbia togliete la lingua, avete tolto il 90% delle sue
manifestazioni.
b. L’avarizia e la sete del guadagno spingono la lingua
alla menzogna e alla frode. Per vendere un cappotto di 20.000 lire a
60.000 mila lire, quel tale si è dovuto servire della lingua. Un
prodotto mediocre lo ha fatto passare per un ottimo prodotto
attraverso il ragionamento, attraverso la lingua.
c. La lussuria trova nella lingua la causa più frequente del
suo risveglio e del suo sfogo scandaloso. Basta fare un
complimento e hai conquistato una donna! Un discorso produce
una conquista, la conquista porta poi dove quel tale che ha
incominciato il discorso vuole arrivare. In altri termini il peccato di
lussuria è sempre preparato dalla lingua. Vengono sempre prima i
discorsi cattivi, dopo ci sono le azioni. La lingua è la causa più
frequente del risveglio della passioni, perché non è vero che la
passione è sempre in attività; come un vulcano non è sempre in
attività.
d. L’ira trova il suo sfogo nella lingua mediante l’ingiuria,
la bestemmia.
e. L’accidia spinge la lingua al pettegolezzo inutile. Chi
non ha niente da fare chiacchiera sempre. La Minima che invece
tiene sempre da pregare, parla poco. L’accidia spinge al
pettegolezzo inutile e alla chiacchiera frivola e non controllata,
ecco perché la lingua è il mondo dell’iniquità. Se la lingua causa
tutte le passioni, tutti e sette i vizi capitali, voi capite che nella
lingua c’è tutto il male possibile e immaginabile.
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- Contamina tutto il corpo (Gc 3, 6)
Gesù a questo proposito dice: “Non quello che entra nella
bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca”
(Mt 15, 11). Poi agli Apostoli spiega: “Dal cuore provengono i
propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le
false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che
contaminano l’uomo”(Mt 15, 19-20).
I pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false
testimonianze e le bestemmie, tutte provocate dalla lingua! - Incendia il corso della vita
La lingua incendia la vita dalla nascita alla morte. È un
nemico che portiamo sempre con noi fino alla morte.
Il corso della nostra vita può essere senza incendi, se freniamo la
lingua; ma sarà con incendi frequenti e continui se la lingua non è
frenata. La lingua incendia il corso della vita col suo fuoco
devastatore e ne rovina tutte le azioni. - Trae la sua fiamma dalla Geenna(Gc 3, 6)
La lingua trae la sua fiamma dal demonio che abita nell’inferno. Il
demonio stuzzica l’uomo affinché la sua lingua si faccia strumento
del male, fiamma devastatrice. La lingua fa diventare l’uomo amico
e discepolo del demonio. Ecco perché S. Francesco, considerando
queste cose, concludeva: ciascuno sempre e dovunque si guardi
dalle parole inutili. Immaginate cosa avrebbe detto S. Francesco
delle parole cattive e dannose! - La lingua è meno domabile delle fiere
“Ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini
sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua
nessun uomo la può domare” (Gc 3, 7-8).
Se queste parole non le avesse dette Dio, penso che nessuno ci
avrebbe creduto. Avremmo detto: Come la mia lingua non è
domabile? Io la domo!
A commento di questo, la stessa S. Scrittura dice: “Chi non
ha peccato con la lingua?” (Sir 13, 15).
Pensate alla storia di Giobbe sul letamaio quando parla con i suoi
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amici e se la prende con Dio. Alla fine Dio non lo più sopportare e
poiché lo vuole salvare, lo chiama e gli fa un altro discorso con il
quale gli dimostra che avrebbe fatto meglio a tacere e che tutte le
cose che aveva detto e che gli sembravano sensate, erano insensate.
Giobbe convinto dal ragionamento di Dio, conclude: “Signore, ho
esposto senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non
comprendo”. Dettiamo leggi anche sul modo di fare di Dio,
sull’agire di Dio. Quando poi Dio ci fa vedere che l’unica soluzione
migliore per la salvezza dell’anima nostra è quella scelta da Dio,
allora diciamo: “Ho esposto senza discernimento cose troppo
superiori a me, che non comprendo. Perciò mi ricredo e ne provo
pentimento” (Gb 42, 3-6).
Prima di chiamare Dio in giudizio, comportiamoci secondo quanto
la fede ci dice.
“Ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini
sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua
nessun uomo la può domare”(Gc £, 7-8). Quindi, non mi venite a
dire: – Padre, io l’ho domata!, sarebbe bugiardo Dio che ha detto
che i santi peccano sette volte al giorno.
- “La lingua è un male ribelle”
La lingua è un male ribelle, si doma difficilmente per il fatto
che ritorna sui suoi peccati, ritorna sulle sue colpe, non accetta il
ragionamento di Dio. Le parole del Siracide e di Giobbe sono parole
dette a me, non a Giobbe, a me! Se le approfondissi, per fede anch’io
dovrei concludere: Non posso parlare, invece continuo a parlare.
Che la lingua è un male ribelle ce lo fa capire l’amico di Giobbe.
Elin disse a Giobbe: “Mi sento pieno di parole, mi preme lo spirito
che è dentro di me. Ecco dentro di me c’è come vino senza sfogo”
(Gb 32, 19-19). Non so se avete mai partecipato alla vendemmia: si
fa il vino, si mette nelle botti, negli otri il mosto che fermenta. Si
lasciano apposta le botti aperte, perchè abbiano questo sfogo, che
poi è deleterio, perchè c’è molta circolazione d’aria; un uomo che
entra in quell’ambiente, sviene, perché si sprigiona anidride
carbonica.
“Ecco dentro di me c’è come vino senza sfogo, come vino che
squarcia gli otri nuovi. Parlerò e mi sfogherò, aprirò le labbra e
risponderò. Non guarderò in faccia ad alcuno, non adulerò
nessuno” (Gb 32, 19-21). Sono espressioni che sono uscite più di
una volta dalla nostra bocca.
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La lingua è un male che noi teniamo dentro, è talmente ribelle che
non riusciamo a domarlo per cui diciamo a noi stessi: Non ne posso
più, mi devo sfogare; venga quello che deve venire, capiti quello
che deve capitare. Non guarderò in faccia a nessuno e parlerò.
La lingua sotto lo stimolo delle passioni si agita continuamente a
sproposito, perché le passioni producono proprio questo in noi: lo
squilibrio.. Quando la passione sarà passata, allora si potrà parlare e
si potrà essere più sensati, altrimenti sotto lo stimolo delle passioni
ci si agita e si parla a sproposito. Dobbiamo dire con Giobbe: “Ho
esposto senza discernimento cose troppo superiori a me, che io non
comprendo. Perciò mi ricredo e ne provo pentimento, su polvere e
cenere” (Gb 42, 3-6), cioè devo andare a chiedere scusa e perdono.
- “La lingua è piena di veleno mortale” (Gc 3, 8)
Il veleno mortale uccide, uccide l’anima nostra e l’anima
degli altri. Suscita odî, liti, guerre. L’odio è sempre provocato dalla
lingua, e così le liti. Le guerre tra famiglie e poi tra nazioni sono
sempre suscitate dalla lingua, da frasi dette.
Dinanzi a questa realtà, il Salmista così prega: “O Signore, salvami
da quelli che tramano sventure nel cuore e ogni giorno scatenano
guerre. Aguzzano la lingua come serpenti; veleno d’aspide è sotto
le loro labbra”(Sal 139, 2-4).
Vedete quanto male fa la lingua? È veleno di vipera. Dice
S. Bernardo, commentando queste parole: la lingua maldicente è
come una vipera che con una sola ferita, con un solo morso
colpisce mortalmente tre persone: quella di cui si parla, chi parla e
chi ascolta, perché viene scandalizzata da quelle parole. - Benediciamo e malediciamo con la lingua
“Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo
gli uomini fatti a somiglianza di Dio. È dalla stessa bocca che esce
benedizione e maledizione. Non deve essere così, fratelli miei”
(Gc 3, 9-10).
Dopo dirà: O sempre benediciamo Dio o sempre malediciamo Dio,
perché questa è una grande incongruenza. Non può uscire dalla
stessa bocca benedizione e maledizione, così come dalla stessa
fonte non può uscire acqua dolce e acqua amara. Noi benediciamo
Dio la mattina quando andiamo a Messa e partecipiamo al
sacrificio eucaristico; benediciamo Dio quando diciamo la Liturgia
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delle Ore, benediciamo Dio nelle nostre preghiere private e
pubbliche; poi usciamo dalla Messa, finiamo di cantare le lodi di
Dio e malediciamo gli uomini che sono nostri fratelli, e che sono
figli dello stesso Padre. Malediciamo Dio con la bestemmia e
benediciamo Dio con la preghiera. È una contraddizione mostruosa
che non ha esempio in natura, esiste solo nell’uomo. La lingua
strumento di lode; la lingua strumento di maledizione. È una
contraddizione! Non esiste un albero che produce nel medesimo
tempo pere e fichi, o pere o fichi: che produca uva e spine, o uva o
spine! La lingua ci fa stare cotinuamente in contraddizione.
- La lingua somiglia ad una fonte mostruosa che getta
dalla stessa bocca acqua dolce e amara
“Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua
dolce e amara?” (Gc 3, 11). Ecco la domanda che pone a noi
S. Giacomo, e chiede la risposta. In natura non c’è una fonte che
getta acqua dolce e amara contemporaneamente, invece la tua
lingua getta contemporaneamente parole dolci e parole amare.
“Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive e una vite produrre
fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce”(Gc
3, 12).
CONCLUSIONE
“Figlia, controlla le tue parole pesandole e chiudi con
porte e catenaccio la bocca” (Sir 28, 25).
“Perché chi sorveglia la sua bocca conserva la vita, chi apre
troppo le labbra incontra la rovina” (Pr 13, 3).
Chi sorveglia la sua bocca conserva la vita della grazia, la vita
eterna. Chi apre troppo le labbra incontra la rovina eterna, va
incontro al peccato.
Dopo aver considerato tutte queste cose il Salmista conclude: “Ho
detto:- Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia
lingua” (Sal 38, 2). Poiché però ogni proposito deve essere fatto
alla presenza di Dio, e a Dio bisogna chiedere l’aiuto particolare
per fare in modo che sia mantenuto, il Salmista lo trasforma in
preghiera: “Poni, Signore, una custodia alla mia bocca, sorveglia
la porta delle mie labbra” (Sal 140, 3), sii tu il custode vigilante, la
sentinella della mia bocca.
“Figli miei, dice S. Francesco, guardatevi dalle parole inutili
sempre e dovunque”(1 Reg Cap 8).