

Mc 2, 23-28 – Il riposo sabbatico

da “Maestro che devo fare” di E. Carlucci
“RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE”
Il riposo
CCC n. 2188
[…]Ora vedremo altri due modi di santificare la festa: il riposo e le opere di carità.
Il Catechismo definisce la domenica “giorno di grazia e di cessazione dal lavoro”.
Come Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro, così anche la vita dell’uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo.
Il libro dell’Esodo ricorda che ogni uomo, anche lo schiavo, anche lo straniero devono riposare, perché anch’essi sono immagine di Dio. Il libro del Deuteronomio ricorda poi ad Israele, che Dio lo ha liberato dalla schiavitù d’Egitto e lo ha reso un popolo libero, per questo il settimo giorno deve riposare da uomo libero; non solo lui, ma anche tutti coloro che vivono con lui: anche lo schiavo e il forestiero, anche il suo bue e il suo asino.
Il riposo festivo ha quindi il significato non solo di recuperare le forze spese nel lavoro, ma anche di affermare la nostra dignità di uomini liberi, perché creati ad immagine di Dio e perché liberati da Dio da ogni schiavitù.
L’intenzione originaria del riposo festivo è quella di interrompere il lavoro ed ogni occupazione per fare festa, perché il lavoro serve per farci vivere da uomini liberi, non da schiavi. Il lavoro è un mezzo per vivere, non è il fine della vita, altrimenti sarebbe un idolo. Il fine dell’uomo è la comunione con Dio. L’uomo è un essere libero, della libertà dei figli di Dio, e non può ridurre in schiavitù né se stesso, per vile sete di guadagno, né i suoi operai, né i suoi dipendenti. Per questo Dio gli ordina di far riposare anche lo schiavo, e gli ricorda che anche lui è stato schiavo in Egitto.
La domenica ha perciò anche un grande valore sociale. Il Catechismo ricorda infatti ai padroni di dare il riposo ai loro dipendenti e di permettere che assolvano alle loro pratiche di pietà, che cioè possano partecipare alla Messa e riposare. Così anche ricorda che lo Stato deve tutelare questo diritto dei cittadini.
Il CCC, al n. 2187, dice testualmente: “Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore. Quando i costumi (sport, ristoranti) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc…) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà per dedicarlo al Signore e alla famiglia”. E poi aggiunge: “Nonostante le rigide esigenze dell’economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti”.
Nessuno può impedire al cristiano di andare a Messa la domenica; non solo i governanti o i datori di lavoro, ma neppure un marito alla moglie, o viceversa; o un genitore ai figli. Sarebbe abuso di autorità.
Ogni autorità viene da Dio e deve essere rispettata, ma nessuna autorità può mettersi contro Dio, perché al di sopra di tutti c’è Dio. Ecco perché le leggi ingiuste non devono essere osservate, né le autorità inique devono essere obbedite, quando proibiscono il bene. Nessuno può chiedere il male ad un altro, né può impedire ad un altro di fare il bene o di pregare o di andare a Messa. Quei governi che hanno perseguitato per decenni i cristiani, che hanno distrutto o confiscato le chiese, che hanno messo in carcere Vescovi e sacerdoti, che hanno confiscato i beni dei credenti, sono stati dei governi ingiusti, che anziché mettersi al servizio dell’uomo per il bene comune, hanno asservito gli uomini agli interessi presunti dello Stato.
Ecco perché il CCC, al n. 2188, dice: “Nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune di tutti, i cristiani devono adoperarsi per far riconoscere dalle leggi le domeniche e i giorni di festa della Chiesa come giorni festivi”. Il cristiano non può, quindi, accettare passivamente le leggi ingiuste, le leggi che ledono i suoi diritti morali e religiosi.
Il Catechismo della Chiesa cattolica, poiché pensa a tutte le realtà presenti nel mondo – in quanto si rivolge ai cristiani presenti in tutto il mondo – non può ignorare quei paesi dove i cristiani sono una minoranza o dove sono perseguitati ed impediti di osservare il giorno del Signore.
A questi cristiani dice: “Se la legislazione del paese o altri motivi obbligano a lavorare la domenica, questo giorno sia tuttavia vissuto come il giorno della nostra liberazione, che ci fa partecipare all’adunanza festosa di tutti i battezzati”. Il che significa che possono imprigionare i nostri corpi, ma non il nostro spirito. Il cristiano quindi, quando è privato della libertà può sempre unirsi spiritualmente al sacrificio eucaristico che si celebra in tutte le parti del mondo, ed alla festa del Signore con tutti gli altri fratelli sparsi sulla terra. Ecco perché Gesù ha detto: Non temete coloro che possono al massimo uccidere il vostro corpo, ma non il vostro spirito. Temete invece Dio, che può mandarvi nella Geenna, ossia all’inferno, con l’anima e col corpo (cfr Mt 10,28).
Ricordo che un marito bestemmiava sempre, ogni qualvolta la moglie andava a Messa la domenica; ma lei non si lasciava intimidire. Anzi un giorno gli disse:- Senti, se tu pensi che bestemmiando riuscirai a non farmi andare in Chiesa, ti sbagli. Tu puoi bestemmiare quanto vuoi – ne renderai conto a Dio! – io andrò sempre a Messa la domenica perché prima viene Dio, poi vieni tu.
Più o meno lo stesso ragionamento fece una bambina di seconda elementare con i suoi genitori.
La bambina aveva capito, a scuola e al catechismo, l’importanza di andare a Messa la domenica, perché Dio attende la nostra visita, la nostra preghiera. Dio è un padre che vuol vedere i suoi figli, vuole rallegrarsi con loro e beneficarli.
A casa invece doveva sempre combattere, perché la domenica la portassero a Messa. Un giorno non ne poté più, e rivolta al papà e alla mamma disse, col sangue agli occhi:- Ma perché mi avete battezzato? Solo per fare una festa?
Veramente Dio parla, per mezzo dei piccoli! Questa è una frase di Spirito Santo. Del resto, Gesù l’ha detto: Non preoccupatevi di ciò che dovete dire quando vi porteranno davanti ai tribunali. Non preparate la vostra difesa, perché sarà lo Spirito Santo a suggerirvi quello che dovete dire. Quei genitori infatti incassarono il colpo, e poiché in fondo era brava gente, capirono che non potevano scandalizzare i figli. Con le parole insegnavano il bene, ma con i fatti lo contraddicevano! I figli sono dei giudici severi. Se non vogliamo perdere il loro rispetto, dobbiamo essere coerenti.
Il riposo festivo serve, quindi, per osservare i doveri verso Dio, per dare riposo al corpo, ma anche per dedicare più tempo alla famiglia, soprattutto ai figli ed alle persone anziane.
È un’ottima tradizione cristiana quella di andare la domenica a casa dei nonni, o a far visita ad un parente malato o solo. Sono le cosiddette opere di misericordia spirituale e corporale che la Chiesa consiglia: dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, seppellire i morti, visitare i carcerati, consigliare i dubbiosi ecc.
Come è distante il concetto della domenica cristiana dalla moda del week-end, che è di origine anglosassone!
Il week-end sottolinea solo la necessità del riposo, della sospensione del lavoro e dello svago, che tante volte è pura evasione, secondo la mentalità odierna dello sballo. Non ci si diverte se non si eccede nel chiasso, nel frastuono, nell’esibizionismo, nell’andare oltre le regole. Da ciò un riposo che è solo sospensione dal lavoro, ma non è più riposo neppure del corpo, perché ci si ritrova più stanchi, più delusi e depressi di prima. Il riposo domenicale cristiano è giorno del Signore, ma è anche giorno dell’uomo.
La domenica vissuta nella dimensione del divino è vero ristoro per l’uomo, per tutto l’uomo: sia corpo, sia spirito, sia anima. L’uomo diventa più uomo, si ritempra nella sua umanità.
La domenica, come scrive S. Tommaso, è “un giorno ordinato non al gioco, ma a lodare e pregare Dio” ad amare Dio e i fratelli.
Il riposo cristiano non è un fine, cioè riposarsi per riposarsi; ma è un mezzo “per godere di tempo libero che permetta, di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa” (GS 67).
Poiché il riposo non è fine, ma mezzo, non può però essere assolutizzato, come facevano gli Ebrei del tempo di Gesù, che avevano fissato delle norme così rigide per la tutela del riposo del sabato, che da giorno della liberazione dell’uomo lo avevano trasformato in giorno della più assoluta mancanza di libertà, giorno dell’oppressione dell’uomo. Gesù si ribellò a tutte le loro prescrizioni e riportò il sabato al suo vero significato di giorno di ringraziamento a Dio per il suo amore per l’uomo e per la liberazione dell’uomo dalla schiavitù d’Egitto e dalla schiavitù del peccato.
E per difendere i suoi discepoli, che erano stati accusati di aver frantumato delle spighe di sabato per mangiarne i chicchi perché avevano fame, disse: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!” (Mc 2,27).
Il riposo festivo ci vieta infatti il lavoro finalizzato al guadagno, ossia le comuni attività lavorative giornaliere e tutte quelle attività che ci impedirebbero di partecipare alla Messa; che ci impedirebbero di riposarci e di dedicarci alla famiglia; ma certamente non impedisce di fare il bene, di compiere le opere di carità e di accudire alla famiglia.
Bellissimo è l’episodio del miracolo di Gesù, fatto di sabato nella sinagoga, a quell’uomo che aveva una mano paralizzata, inaridita. Gesù lo guarì proprio per dimostrare che il bene è lecito farlo sempre. Ascoltiamo questo brano dal Vangelo:
“Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per poi accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «E’ lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (Mc 3, 1-6).
Raramente nel Vangelo si dice che Gesù era indignato! Gesù si era indignato quando avevano cacciato i bambini d’attorno a lui, e s’indigna ora dinanzi allo stravolgimento completo del significato del giorno del Signore.
Dio ci ha creati liberi e vuole che rimaniamo liberi. Egli stesso rispetta la nostra libertà, – per cui non ci salverà se noi non lo vorremo, – e la difende contro ogni attacco.
I Comandamenti, non sono un elenco di cose che non si devono fare, ma sono la tutela della vita e della libertà dell’uomo, che Gesù difende anche a costo di passare per un profanatore del sabato.
Il Cristo era andato di sabato nella sinagoga per rendere il culto pubblico e comunitario al Padre, ed era intervenuto con un miracolo verso quest’uomo, perché non sopportava di vederlo soffrire. Dove sta la colpa? Dove sta la profanazione del sabato?
Gesù invece verrà accusato proprio come profanatore del sabato, e verrà condannato come sovversivo. Ecco perché Gesù si lamentò dicendo: “Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione” (Mc 7, 9).
Il Venerdì Santo, quando processarono Gesù, poiché cadeva la Pasqua ebraica e quel giorno era sacro per gli Ebrei, condussero Gesù nel pretorio perché fosse condannato a morte da Pilato; ma il Vangelo dice che non vollero entrare per non contaminarsi – entrando nella casa di un pagano – e poter così mangiare la Pasqua. Che stessero condannando un innocente, nessuno scrupolo! Che calpestassero il pavimento del pretorio dei Romani, si facevano scrupolo! L’uccisione di un innocente non li contaminava; la non osservanza di un cerimoniale li contaminava!
È terribile pensare come l’osservanza solo formale di una legge può svuotarla completamente del suo significato originario. Come anche pensare di aver assolto i propri obblighi verso Dio solo con la Messa la domenica, senza poi preoccuparsi di osservare la giustizia e la carità nella settimana.
Concludendo l’esame di questa prima parte dei Dieci comandamenti – quella che riguarda i nostri doveri verso Dio – vale la pena di ricordare, ciò che diceva un santo sacerdote ad una persona che non riusciva a mettere ordine nella sua vita: «Metti Dio al suo posto ed ogni cosa andrà al suo posto!».